Santa Chiara, Crocifissione |
Non è difficile vedere le similitudini fra gli affreschi ravennati e quelli del Cappellone di San Nicola del Maestro di Tolentino.
Basta un confronto ravvicinato fra i due cicli di affreschi. Purtroppo le poche immagini che si trovano in rete non ci offrono se non visioni parziali del ciclo d'affreschi che ornava la chiesa delle clarisse ravennati. Ma anche soltanto dalle poche immagini disponibili si può vedere un'indiscutibile somiglianza, sia a livello formale che iconografico.
Poi esaminando i particolari dei volti si capisce che si tratta della stessa bottega, una grande bottega, sicuramente la migliore dell'intera Scuola Giottesca Riminese, ma da sempre senza nome, anzi con più nomi, anche troppi. Maestro di Tolentino, il Maestro di Santa Chiara a cui dobbiamo aggiungere anche altri cicli romagnoli attribuiti a maestri anonimi.
La critica recente ha tolto le castagne dal fuoco attribuendo, ormai senza nessuna voce contraria, ambedue i cicli ad un pittore con nome e cognome: Pietro da Rimini.
Tolentino, Nozze di Cana |
Perché Pietro da Rimini? Non abbiamo molte notizie di questo pittore, ha lasciato due opere autografe e tanti quadri attribuiti.
Questa tavoletta della Natività può essere presa come confronto fra Pietro da Rimini e gli altri maestri anonimi della Romagna e delle Marche.
Pietro da Rimini, Natività |
E' difficile dire che sia la stessa mano, anche se c'è un'indiscutibile somiglianza fra le figure di Pietro e quelli del Maestro di Tolentino.
Ma fra i due il Maestro di Tolentino pare essere il maestro della bottega e Pietro soltanto un allievo.
Le figure morbide, ma al contempo potenti di quelle dell'affresco tolentinate sono tecnicamente fra le migliori del gotico marchigiano.
Nessuna opera di Pietro raggiunge la bellezza di questi Apostoli di Tolentino.
Ma se ci portiamo nella chiesa ravennate, troviamo un'aria molto simile a quella di Tolentino e lontana da quella di Pietro.
Ma più interessante è il confronto fra Tolentino e Ravenna.
Rimanendo in ambito ravennate gli affreschi di Santa Maria in Porto Fuori sono in credibilmente somiglianti agli altri dei due cicli .
Gli affreschi di Santa Maria in Porto Fuori
Maestro di Tolentino, Gesù nell'Orto |
Usiamo anche le foto in bianco e nero della Fondazione Zeri, per avere un parametro di confronto fa il Maestro di Santa Maria in Porto Fuori e gli altri. Perché, come si sa, da sempre il bianco e nero è usato dagli storici dell'arte per avere una visione più precisa delle immagini senza l'intervento del colore che talvolta inquina l'immagine e mette fuori strada.
Le Volte
Nelle Volte a crociera, abbiamo notato forti similitudini formali tra i tre cicli di affreschi.
Tolentino, San Giovanni e Sant'Agostino |
Va fatta una piccola parentesi per far notare come i simboli degli Evangelisti sìano praticamente identici in tutte e tre le Volte affrescate.
San Giovanni e Sant'Agostino, chiesa di Santa Maria in Porto Fuori |
Mentre in quelli di Santa Maria si limitano al suggerimento.
Un'altra similitudine da tenere di conto è la struttura degli scranni dei Santi e gli Evangelisti. I cassetti aperti con i libri che escono, le cassapanche e le pedane decorate dei Padri della Chiesa sfuggono, forse per la struttura concava delle vele dipinte, alla tridimensionalità giottesca, mostrando un gusto per i particolari, quasi una firma del pittore, visto che ricorrono in tutti e tre i cicli pittorici.
I Volti dei personaggi
Chiesa di Santa Chiara, Volto della Madonna |
I volti dei personaggi, e soprattutto le loro aureole raggiate e in rilievo non appaiono mai nell'opera conosciuta di Pietro da Rimini. Anche questa sembra una firma del pittore di Tolentino, che si ritrova anche di quelli di Ravenna, e non soltanto ma comparirà anche in altri cicli pittorici romagnoli, come vedremo in seguito.
Il volto della Madonna degli affreschi di Santa Chiara non ha niente a che invidiare a quelli del Maestro di Tolentino o quelli del Maestro di Santa Maria in Porto Fuori., come si può notare dagli esempi illustrati
Ma meglio ancora è il confronto fra i volti degli angeli o quelli dei pastori della natività. Quelli dei Maestri marchigiani-ravennati ci ricordano tanto la Scuola giottesca Senese, Pietro Lorenzetti in particolare, ma anche qualcosa di Simone Martini. Da questa osservazione nasce un piccolo dubbio: e se il Maestro di Tolentino non fosse un giottesco riminese?
Lo stesso ovviamente si potrebbe dire per gli altri maestri finora esaminati.
Maestro di Tolentino, Angeli musicanti |
I volti eterei, quasi androgini, ci trasportano nell'ambito del Martini avignonese, o quello di Matteo Giovannetti. Certo che la conoscenza del giottismo transalpino aprirebbe nuovi scenari, mai percorsi finora, anche se le probabilità sono pressoché minime, quasi nulle.
Matteo Giovannetti in fondo aveva frequentato, prima del cantiere di Avignone, gli appennini dell'Italia centrale. Non a caso era nato a Viterbo. Ma il confronto fra il pittore viterbese e i maestri romagnolo-marchigiani non è fattibile, la mano è decisamente diversa. Altro caso è Simone Martini, la sua "Madonna in Gloria" di San Gimignano, l'aureola e il volto ricordano molto i nostri Maestri, non mi sembra azzardato fare un confronto.
Simone Martini, Madonna in Gloria, San Gimignano |
Potremmo ipotizzare un viaggio di Simone
attraverso le Marche e poi la Romagna?
La biografia del grande senese non ci riporta niente che confermi un eventuale viaggio di Simone in terra marchigiana o romagnola. Eccetto, forse, il suo passaggio ad Assisi per dare il suo contributo alla fabbrica della Chiesa di San Francesco, la vetrina della grande pittura due-trecentesca medievale italiana.
La possibilità è molto remota, anche se è un'ipotesi suggestiva. Da escludere anche un prodotto di bottega, o degli allievi senesi di Simone, nessuno di loro ha continuano la tradizione dei volti "francesizzanti" patrimonio unico di Simone Martini.
Stranamente questa iconografia ritorna nei volti dei nostri maestri, da quelli del Maestro di Santa Chiara, al volto degli angeli del Maestro di Tolentino.
Apostolo, San Pietro in sylvis |
Adesso aggiungiamo un nuovo maestro, con la solita attribuzione al fantomatico Pietro da Rimini: il Maestro di San Pietro in Sylvis.
Anche per questo pittore i dubbi che si tratti del Maestro di Tolentino sono molti.
Bisogna chiarire che per comodità useremo il nome del Maestro di Tolentino per tutti i maestri perché il Cappellone di Tolentino è l'opera meglio conservata di questo pittore e la sua eventuale bottega.
Se continuiamo con il confronto fra le opere di Pietro da Rimini e quelle del Maestro di Tolentino nei vari affreschi presi in considerazione, è ovvia la grande differenza fra il maestro riminese e quello di Tolentino.
Quello di Tolentino fa vedere una padronanza, non presente in Pietro, della tridimensionalità e la potenza dell'inserimento dei personaggi nelle scenografie di mano giottesca, evidentemente il Maestro di Tolentino ha lavorato ad Assisi.
Magari come collaboratore, ma il Maestro ha conosciuto direttamente l'opera di Giotto, di Simone Martini, di Pietro Lorenzetti, e dove se non ad Assisi?
Pietro da Rimini, Stimmate di San Francesco |
Pietro da Rimini, al contrario non sembra poter competere con il Maestro di Tolentino, quello di Santa Chiara, quello di Santa Maria di Porto Fuori e quello di San Pietro in Sylvis. I suoi cieli dorati, le scene che usano un paravento dorato per non mostrare il paesaggio come nella deposizione del Louvre.
La Deposizione è la tavola più celebrata dell'opera di Pietro. Soprattutto questo capolavoro della Scuola Giottesca Riminese dimostra come Pietro da Rimini e i maestri sopra citati hanno delle differenze non ignorabili. I Maestri che possono forse essere riassunti in un unico pittore geniale ha già respirato l'aria del giottismo di tutte le scuole: da quella romana, quella bolognese, quella fiorentina e particolarmente quella senese da cui ha mutuato l'iconografia senza dimenticare la lezione delle altre scuole,
Pietro da Rimini, Deposizione |
Non si può pensare qualcosa di più dissimile dai corpi tridimensionali del Maestro di Tolentino. Nelle Crocefissioni dei vari maestri e Pietro da Rimini vedremo le differenze e le, eventuali somiglianze.
Il Crocifisso di Urbania, unica tavola firmata dal maestro di Rimini, risulta già più moderno di quello della Deposizione.
Pietro da Rimini, Crocifissione |
La testa del Cristo della Crocifissione di Pietro è un piccolo gioiello della scuola pittorica giottesca riminese, ma il volto del Cristo è confrontabile con quello del Maestro di Tolentino?
Vorrei anche azzardare l'ipotesi che il Cristo di Urbania e quello della Deposizione del Louvre non siano stati dipinti dalla stessa mano. Ma se il primo è autografo di Pietro da Rimini, la tavola del Louvre non è firmata.
Maestro Di Tolentino, Crocifissione |
Il Cristo di Tolentino ha delle differenze notevoli, soprattutto nella drammaticità del volto anche se bisogna ammettere come in questo caso forse Pietro dimostra una certa plasticità non ancora presente nel Maestro di Tolentino.
Crocifissione, Santa Chiara |
Non avendo un primo piano del volto non è molto facile fare un confronto con Tolentino, ma nella chiesa di Santa Chiara, c'è una bellissima Crocifissione che vale la pena di essere vista e confrontata con le prime due.
Decisamente siamo un passo avanti, un'evoluzione dello stile del pittore di Tolentino. L'aureola crociata, la torsione del corpo che produce un senso di movimento non presenti nelle opere certe di Pietro da Rimini, la ritroviamo invece a Tolentino nell'Ingresso a Gerusalemme e anche in molte anche rappresentazioni del Cristo.
Va detto che probabilmente il Cristo della Crocifissione di Tolentino è stato dipinto soltanto in un secondo tempo, rispetto a tutto il ciclo dell'affresco ed è per questo che c'è differenza tra il Cristo della fascia centrale e quello dell'altare.
Cesare Brandi, per la fascia centrale degli affreschi di Tolentino, propone la mano di Giovanni Baronzio.
Attribuzioni nella storia
Forse il primo storico dell'arte che parlò, alla fine del Settecento, del ciclo di affreschi del Cappellone di San Nicola da Tolentino fu l'Abate Luigi Lanzi, nella sua "Storia della Pittura". Il Lanzi, basandosi non si sa in quale documento, attribuì ad Andrea Orcagna sia gli affreschi.
"...che si conservano in San Petronio di Bologna e nel Duomo di Tolentino"
Entrata a Gerusalemme, Tolentino |
Molto probabilmente quelli di San Petronio sono gli affreschi di Giovanni da Modena e gli altri quelli del nostro maestro, oggi anonimo. Pur se nell'errore, come capita spesso tra gli eruditi settecenteschi, anche il Lanzi ci dà un involontario suggerimento, cioè l'ambito emiliano a cui apparenta gli affreschi di Bologna con quelli di Tolentino, filtrati attraverso l'influenza fiorentina dell'Orcagna. E' più o meno quello che abbiamo ipotizzato noi parlando di una eventuale visita, se non partecipazione diretta, del cantiere di Assisi.
Gesù nell'orto, San Pietro in Sylvis |
Non importa a chi attribuirlo, ma un'opera così importante come gli affreschi del Cappellone di Tolentino, oggi pare vada attribuita ad un maestro conosciuto. Non importa il vero nome, alle volte basta un nome verosimile sia esso Pietro o il Baronzio.
Un'ultima immagine a dimostrazione della consonanza tra i vari maestri, Gesù nell'Orto del Maestro di San Pietro in Sylvis, fate un confronto con la stessa scena del Maestro di Tolentino all'inizio di questo articolo. Se non è lo stesso pittore, i due pittori escono dalla stessa bottega. Probabilmente si tratta di un pittore di Ravenna impropriamente chiamato Maestro di Tolentino.
Nessun commento:
Posta un commento