sabato 14 aprile 2012

L'Unicorno di Pantaleone

Mosaico di Otranto, Bestiario (part.)
Il mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto è una vera e propria visione del mondo e della cultura medievale.
Il monaco Pantaleone è il suo autore. Prima di cercare fra i simboli inseriti in questa opera qualcosa di strano e fuori dalle righe, cerchiamo qualche notizia sul suo autore.
Questo è infatti il primo dei tanti misteri che avvolge l'opera.
Sullo stesso pavimento ci sono notizie sull'autore e la datazione dell'opera. Una cosa abbastanza inconsueta è la firma del pittore in opere di questo periodo.
Sempre secondo la scritta scopriamo che questa opera è datata 1165, anche se sappiamo che fu finita in tre anni la data presumibile d'inizio dell'opera è il 1163.


 Incar(n)atione D(omi)ni N(ost)ri Ih(es)u Chr(ist)i MCLXV I(n)dictio(n)e XIII Regnante Do(mi)no N(ostr)o W(illelmo) Rege Magnifi(co) Humilis Servus Ch(risti) Ionathas Hydruntin(us) Archiep(iscopu)s Iussit Hoc Op(us) Fieri P(er) Manus Pantaleonis P(res)b(yte)ri"


Naturalmente le abbreviazioni sono state integrate per una migliore comprensione della scritta pavimentale.
Il significato è abbastanza palese: il presbitero Pantaleone fece quest'opera nell'anno 1165, sotto il regno di Guglielmo e durante il mandato arcivescovile di Gionata di Otranto.
La prima notizia, cioè che è stato finito nell'anno 1165 ab incarnatione ha già un piccolo mistero cioè se la data riportata corrisponde, per noi moderni, all'anno 1165 o il 1166. Quello che fino al tardo '700 era chiamato "anno ab incarnatione" non iniziava il primo di gennaio bensì il 25 marzo, giorno nel quale il Cristo, vuole la tradizione, sia stato concepito.
Resti del Convento di San Nicola di Casole
Dunque se il mosaico è stato finito tra il 1 gennaio e il 25 di marzo per il nostro calendario dovrebbe già essere il 1166.
L'uso dell'anno ab incarnatione è continuato per molto tempo dopo il XII secolo. Ad esempio veniva usato dai fiorentini e i veneziani. Per differenziarlo dall'altro computo a Firenze si aggiungevano una "s" e una "f"(che stanno per "stile fiorentino"). Mentre a Venezia era in vigore il "more veneto" (m.v.) che invece faceva partire l'anno il 1 marzo.
Sul presbitero Pantaleone abbiamo soltanto notizie incerte che lo vogliono monaco basiliano del convento di rito greco di San Nicola di Casole, presso Otranto. La presenza dei monaci basiliani in Italia è testimoniata da vari conventi diffusi nell'Italia meridionale. Arrivati probabilmente con l'occupazione bizantina del VIII secolo, i Basiliani stavano fuggendo dall'oriente in seguito al periodo iconoclasta instaurato nell'Impero Bizantino dopo il 726.
Il Monastero di Casole fu celebre per il suo "scriptorium", che pare niente avesse da invidiare all'omonimo dell'imperatore Federico II. Quindi si tratta di un monastero dove s'incrociarono le culture greca, latina e normanna, infatti nel mosaico di Otranto tutte queste influenze sono presenti.
Potrebbe essere interessante esaminarne gli aspetti teologici dell'opera, ma non sarebbe altro che una goccia nel mare delle decine e decine di interpretazioni, troppo spesso fantasiose di questa opera singolare, ma non l'unica in area pugliese.
Nel nostro caso vogliamo invece puntare l'attenzione su un aspetto particolare delle mille raffigurazioni del mosaico. Ma dobbiamo partire da lontano, in particolare una lontananza geografica che ci stupisce, ma anche da vicino, una vicinanza cronologica che ci stupisce altrettanto.
Non è il caso adesso di affrontare certe simbologie per capire il programma che sta dietro l'opera, come la presenza di Diana cacciatrice, una dea pagana in un contesto cristiano avrà una sua ragion d'essere. Ma Diana (tanto cara agli efesini come ci racconta San Paolo) è stata per molto tempo accostata ad un residuo di paganesimo delle campagne, è la dea madre a cui si rivolgono spesso le streghe e i cerretani. Ma Diana è anche una dea vergine "colei che tutta l'Asia, anzi tutto il mondo, adora" (Atti, 19, 27) e non può non ricordare certe consonanze con la figura della Madonna. E la presenza di Alessandro Magno che transita verso il cielo non richiama alla mente la resurrezione? Può darsi, data la diffusione di questa rappresentazione iconografica anche in altri cicli delle chiese romaniche.
Rex Arturus
Ma quello che ci stupisce è la presenza della raffigurazione di Re Artù (REX ARTVRVS). Anche se è un piccolo inserto nel vasto ciclo musivo l'attinenza col resto dell'iconografia è decisamente singolare.
Intanto dobbiamo ammirare la vasta conoscenza del monaco, o di chi ne ha stilato il programma, che ci rimanda alle opere presenti nello scriptorium di Casole. Sicuramente le leggende del "Ciclo bretone" erano presenti nel monastero già dal 1163, cioè il presunto anno d'inizio dell'opera di Pantaleone. Ma a quale manoscritto si riferisce questa raffigurazione?
Difficile dirlo con certezza, vista la distanza geografica e la vicinanza cronologica. Partendo dai manoscritti arturiani del ciclo bretone troviamo una notizia interessante: la storia di Artù ha una sua appendice italiana (o meglio siciliana) narrata alla corte del re normanno Guglielmo dal cronachista inglese Gervasio di Tilbury. Siamo nel 1160, i normanni hanno ormai il controllo dell'Italia meridionale, e Guglielmo è lo stesso re citato da Pantaleone come "Willelmo Rege Magnifico".
Gervasio racconta come il leggendario Artù vivesse in un palazzo sulle pendici dell'Etna. Ma seguiamo il racconto:

"...narrò come, ferito anticamente in una battaglia da lui combattuta contro il nipote Mordred e Childerico, duce dei sassoni, qui stesse da molto tempo, riaprendosi tutti gli anni le sue ferite"
Bestiario, L'Unicorno

Ma il 1160 è decisamente troppo vicino al 1163 data d'inizio del mosaico, probabilmente non è questa la fonte di Pantaleone.
Però ci siamo dimenticati i Normanni, ovviamente coloro che ormai dal IX secolo erano padroni dell'Inghilterra oltre le merci e l'arte nordica è difficile pensare che non abbiano esportato le proprie leggende. Poi abbiamo i Cavalieri del Tempio, in quel periodo reduci dalle Crociate e anche loro diffusi tanto in Puglia che in Francia, in Provenza e nella lontana Scozia.
In quale modo i Templari entrano nella storia della Cattedrale di Otranto non ci è dato di sapere, anche se alcune fonti vedono in alcuni simboli del mosaico proprio l'influenza dei Cavalieri del Tempio (ad esempio la scacchiera che si trova quasi all'inizio della navata della cattedrale). Ma si sa, anche se è fantastoria, i Templari, gli Egiziani e gli UFO sono alla base di mille interpretazioni di trasmissioni televisive paraculturali come "Voyager", o certi giornaletti di diffusione "popolare", come "Focus", un vero e proprio coacervo di bugie e verità presunte. E' questa quella tipologia di cultura anticamente detta "ad usum delphini" che mischia le sciocchezze con vere e proprie distorsioni della storia.
Eliminando, nel nostro caso, gli UFO non ci rimangono che i Templari e gli Egizi. Ci sono certe interpretazioni ermetiste e esoteriche che vedono nel mosaico la presenza, oltre a quelle greco-romane come Artemide-Diana, di divinità egiziane. E qui caliamo un velo pietoso e rimandiamo alla bibliografia delle stupidaggini molto presenti in rete.
Ma anche noi vogliamo dare un'interpretazione alla "Focus" di una delle tante raffigurazioni presenti in questo mosaico: l'unicorno che si trova in mezzo ai medaglioni del cosiddetto bestiario.
Questo animale fantastico viene spesso usato come metafora del Cristo nei bestiari medievali, come in quello di Bodley del 754 che dice in proposito:

"...Dominus noster Iesus Christus, spiritualis unicornis, descendens in uterum virginis..."


Dama con l'Unicorno, Arazzo fiammingo XV sec.
Infatti anche nel Bestiario di Pantaleone l'animale consacrato a Gesù è simbolo di preghiera, dato che un cavaliere inginocchiato con le mani giunte è davanti a lui in gesto di adorazione.
Ma chi è questo cavaliere? Sempre che si tratti di un cavaliere, il mosaico non ce lo fa capire molto bene dato anche la rozza rappresentazione iconografica.
Io avrei una risposta (o meglio una proposta interpretativa). Data la presenza di Artù si potrebbe trattare di un altro personaggio del "Ciclo bretone".
Ma chi potrà mai essere un personaggio così puro, nell'anima e nel fisico, che può avvicinare un animale  sacro come l'unicorno?
Forse potrebbe essere Parsifal.o Galahad, il figlio di Sir Lancillotto. Ma la cronologia non ci aiuta, Parsifal, o Perceval e Galahad compaiono ne "Le Conte du Graal" di Chrétien de Troyes scritto intorno al 1180, quindi posteriormente al mosaico di Otranto. Sappiamo di un'opera intitolata "Perceval" di Robert de Boron, oggi perduta, ma anche questa scritta probabilmente dopo la composizione dell'opera di Pantaleone.
Quindi il ciclo bretone in questo caso non ci aiuta.
Chi può essere allora quel cavaliere? In fondo è l''unico essere umano che compare nel Bestiario di Pantaleone.

Nessun commento:

Posta un commento