mercoledì 29 febbraio 2012

Cinema surrealista: il mondo colorato di Russ Meyer

Locandina di Faster Pussycats, kill kill (1965)
Quentin Tarantino, il più importante visionario della società dei nostri giorni, ha spesso definito i suoi film come influenzati dall'horror italiano degli anni '60 '70 di Mario e Lamberto Bava.
Altrove, nei suoi film, si sente forte l'influenza del genere kung fu come in "Kill Bill", o citazioni dello stesso genere come nel film di Tony Scott (il fratello di Ridley di "Blade Runner")  "Una vita al massimo" di cui Tarantino firma il soggetto.

Ma chi fu davvero il proto-Tarantino nel cinema americano è sicuramente Russ Meyer. Questo regista, ignorato dal grande pubblico, ma con un certo seguito anche in Italia (io sono un fan di questo genio), ha da solo stravolto il modo di fare cinema in America.

Se il cinema softcore in Italia nasce come una distorsione di quello che era la Commedia all'italiana, percorsa da un certo spirito, anch'esso distorto, nato in seguito a quella che si era affermata sin dal 1968 come rivoluzione sessuale, anche se il saggio omonimo di Reich poco ha a che fare con il cinema, soprattutto con il cinema di serie B di Lino Banfi, Alvaro Vitali, quello delle docce di Gloria Guida.

Certa morale classica di un paese a forte maggioranza cattolica e sede della più importante istituzione spirituale come il Vaticano, improvvisamente rompe con il passato e scopre il gusto della rappresentazione della nudità in scena.
Tutto questo ci riporta alla funzione dissacrante che nel '600, in piena Controriforma, aveva avuto la Commedia dell'arte che aprì il sipario alle donne attrici, come sappiamo ancora Shakespeare adoperava giovani attori per interpretare le sue Giuliette o le sue Lady Machbet. Con le attrici, i testi ammiccanti dei canovacci della Commedia dell'arte, divennero occasione di improvvisati strip tease delle attrici più note ed osannate dal pubblico come Isabella Andreini.
Locandina di Totò di notte n.1 (1962)

Ma tornando al cinema,  Russ Meyer fu un regista che iniziò la sua carriera di pari passo con certe pellicole di "finta inchiesta" sulle curiosità del mondo dell'erotismo, molto diffuse in Europa. In Italia in questo genere furono coinvolti anche attori celebri come Totò e Macario. I film "Totò di notte n.1" del 1962 e "Totò sexy" dell'anno seguente, ambedue girati da Mario Amendola e considerati i film peggiori dell'intera carriera cinematografica dei due attori comici, sono un esempio classico di questa forma-documentario destinata, con la fine degli anni '60, a scomparire.

Nel 1966 Russ Meyer s'accoda al genere girando "Mondo topless", definito di genere documentario erotico, dove è sceneggiatore, regista e produttore. Ma Meyer fu un precursore anche di questo genere, il suo primo film, oggi scomparso, "The French Peep Show" del 1950 anticipava di un decennio i film europei.

Ma non lasciamoci sviare, ormai nel 1966, Russ Meyer era un regista abbastanza famoso soprattutto per i suoi film di un nuovo genere, mai visto nell'America puritana, e ostacolato nella diffusione a causa dei suoi nudi espliciti e simulazioni di atti sessuali.

"Mondo topless" fu il primo film che in America non ebbe il visto della censura, cosa molto rara, e fu vietato ai minori. Naturalmente questo interessamento fece salire le quotazioni del regista.

Locandina di Mondo Topless (1966)
 Meyer anticipò molti altri generi nel cinema americano come il film di violenza apparentemente immotivata, ripreso dallo stesso Tarantino nella sceneggiatura di "Natural born killer" di Oliver Stone, nel quale usò sia il bianco e nero che i colori sovraesposti, esageratamente "fauve". Questo uso del colore ricordava quello delle riprese in Super 8 delle tante cineprese in mano ai dilettanti molto diffuse negli anni '50-'60 che diventò una delle caratteristiche dei film di Meyer.

Un contemporaneo illustre che fra i tanti usa il "metodo Meyer" è sicuramente stato Andy Wharol nel suo ruolo di cineasta.
Il nome del grande artista pop e Meyer può risultare un confronto troppo lusinghiero per quest'ultimo, ma il suo ruolo nel cinema aggredisce gli schemi del racconto, li spezza e li confonde, un metodo che se non è Pop Art sicuramente ha una vena surrealista inarrivabile fra i registi americani che hanno avuto accesso al grande pubblico.
Christa Hartburg nel film Supervixen (1975)

Come per tutti i grandi geni del cinema, e non solo del cinema, i film di Meyer avevano una loro caratteristica, e non è difficile da capire: le donne con i grossi seni. Le sue attrici non scendono sotto la quinta misura di reggiseno - bisogna distinguere i seni naturali delle attrici di Meyer con quelli degli spettacoli odierni, spesso ritoccati - e questo è un punto a favore delle attrici dei film del regista americano.

Ma pure se il suo cinema è softcore non dobbiamo credere che nei suoi film si respiri aria di vizio e lussuria, i film di Meyer sono tutt'altro che erotici, il suo erotismo cade sempre nel grottesco che è la cosa più lontana dalla lussuria che si possa pensare.

Il grottesco di Meyer si basa su sceneggiature improbabili funzionali spesso per mettere in scena le sue femmine pettorute - non dobbiamo dimenticare che Meyer fu uno dei fotografi del paginone centrale della rivista Playboy - delle pin up girls con curve esagerate che paiono veramente uscite dal paginone della rivista di Heffner.
Una scena di Faster Pussycat (1965)

Ma oltre questa vena erotico-grottesca, che influenzerà non poco anche l'allievo di Warhol, Paul Morissey, Meyer con il suo film "Faster, Pussycat! Kill! Kill!" sdogana anche il genere pulp, come abbiamo detto la violenza gratuita è una delle molle narrative di alcuni suoi film. Il "Pulp" - parola inesistente nel 1965 per definire film che vanno dal grottesco all'horror, con scene di sangue esplicite - possiamo definirlo, a livello cinematografico, come un'invenzione di Russ Meyer.
Il cinema di Meyer, con le sue storie sballate, le sue attrici esagerate, e i suoi paesaggi di un'America lunare, stravolta ma profondamente americana, fanno di lui un interprete unico e il primo regista "veramente" americano come affermò di lui François Truffaut in un'intervista:

"...esiste o meno un vero autore cinematografico americano? Probabilmente ne esiste uno [...] Quell'uomo è Russ Meyer"



Ma la vera scommessa di Meyer con il pubblico americano è quella dei filone che parte da uno dei suoi film più conosciuti: "Vixen!" del 1968, di cui vediamo il trailer. Lasciato lo stile pulp a questo punto il suo marchio di fabbrica diventa quello dei cartoni animati umani. Colori accecanti, in uno scenario accecante, con storie di un'America improbabile, ma profondamente americana.

Vixen fu il prototipo per un altri due film di Meyers: "Super Vixen" del 1975 e "Benheat the Valley of the Ultra Vixen" del 1979.
Ormai nel 1979 il cinema era andato avanti e superato, in violenza e disgregazione delle trame, Russ Meyer. Ma il genio recupera attraverso la fotografia e la presenza delle sue pin up, ancora in stile anni '50, una fetta di cinema underground ancora inviolata e lontana dalle grandi majors hollywoodiane.

Senza fare paragoni impropri Russ Meyer è stato il Charles Bukowski del cinema, e se il poeta-scrittore è diventato un classico della letteratura americana, Meyer segue le sue orme e lascia un'impronta indelebile nel panorama cinematografico americano e non solo.

Se qualcuno è stato incuriosito e ha 1 ora e 23 minuti da perdere, qua sotto c'è la versione originale, completa (ma in inglese) del film "Faster, Pussycat! Kill! Kill!"



Con un'altra ora circa si può vedere anche "Motor Psycho" del 1965.





Mentre gli amanti del Russ Meyer "cartoonist" non si possono perdere "Common-Law Cabin" del 1967, che con un'oretta e poco più se la cavano.



BUON DIVERTIMENTO!

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