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giovedì 23 febbraio 2012

"Quadro de una dona aretrata dicto la Joconda"

Monna Lisa a sin. (Museo del Louvre) - Monna Lisa a des. (Museo del Prado)
Il restauro della copia della "Monna Lisa" del Museo madrileno del Prado, ci ha fatto una bella sorpresa, questa sorpresa è la scoperta di un paesaggio, là dove c'era una cortina oscura, che probabilmente è un'aggiunta settecentesca. Ma il paesaggio "ritrovato" dietro la scura cortina ha molte differenze con quello dell'originale del Louvre.

Monna Lisa del Prado
(prima della ripulitura)
I restauratori, dopo un esame agli infrarossi, hanno fatto comparire una veduta di una valle circondata da montagne aguzze, quasi come un anfiteatro naturale che circonda la figura della gentildonna fiorentina. Confrontato con quello della Gioconda francese, che pure riproduce un paesaggio simile a quella del Prado, lo stile appare diverso. Lo stesso volto di Monna Lisa è diverso nelle due versioni. Il celebre enigmatico sorriso leonardesco viene sostituito con un volto più sorridente, più rilassato, quasi che il soggetto abbia perso la sua ambiguità.

La scoperta di questa versione non è una cosa nuova, già da secoli questa Monna Lisa era conosciuta, ma attribuita ad uno sconosciuto pittore che aveva fatto una versione propria del capolavoro leonardesco.

Questa ipotesi è caduta dopo la rimozione dello sfondo scuro della tela madrilena: lo stile proviene dalla cerchia di Leonardo, il quadro è stato dipinto quasi in contemporanea con quello acquistato dal re di Francia. Quindi si tratta di una copia di bottega. Ma chi fu che contemporaneamente al lavoro leonardesco produsse questa versione? Ovviamente un seguace di Leonardo che l'accompagnava durante il suo lavoro.

La Gioconda del Prado, mostra dopo il restauro, una grande vicinanza a soggetti dipinti dallo stesso Leonardo  e dalla sua bottega.
Proprio a causa del paesaggio, così originale e pieno di luce, rispetto alla Gioconda che conosciamo, ritratta durante il crepuscolo, quindi con un paesaggio sfuggente nei suoi reali contorni, la proposta attributiva si sposta dal pittore toscano ai suoi allievi lombardi più vicini al maestro.

Il primo nome che è stato proposto è quello di Gian Giacomo Caprotti detto il Salai, il suo allievo più fedele e, come vuole una leggenda, anche il suo amante.
Salai, Monna Vanna
La cosa, di per se è convincente, soprattutto per la vicinanza dei volti e lo sfondo particolare, come abbiamo detto, presente in molti quadri dell'allievo-amante di Leonardo, in particolare quello del "San Giovanni Battista" e soprattutto quello della cosiddetta "Monna Vanna".

Il quadro intitolato "Monna Vanna" è praticamente una versione nuda della "Monna Lisa" (più che completamente nuda oggi diremmo: in topless).
Nel testamento del Salai è, probabilmente, quello citato come:
"qvadro cvm vna meza nuda"

(Arch. di stato di Milano)

Nello stesso documento si fa riferimento al suo possesso nel 1524, al momento della morte di un:

"qvadro de vna dona aretrata dicto la Joconda" 

E qui ci dovremmo chiedere a quale Gioconda si fa riferimento nell'Atto Notarile.

Ma tornando al paesaggio, siamo sicuri che questo tipo di paesaggio compare solo negli allievi di Leonardo?
Oltre il Salai è stata proposta anche la mano del suo primo allievo, ed erede delle opere manoscritte del maestro dopo la morte: Francesco Melzi. Ma, come dicevamo, è possibile che il paesaggio della Gioconda del Prado non sia presente in opere considerate di mano del maestro fiorentino?

Ovviamente la risposta è no. In effetti la stessa tipologia di paesaggio è presente in più di un quadro considerati di mano leonardesca. Un esempio fra gli altri è la "Vergine con Sant'Anna" e  "La Madonna dei fusi", della versione oggi presente in una collezione privata di New York.

Il paesaggio con monti aguzzi, appena accennato nella Gioconda del Louvre, molto più nitido nel quadro della Monna Vanna del Salai, ma sempre avvolto in una caligine che evidentemente ricorda i cieli e i paesaggi della Lombardia, non raggiungono la somiglianza fra la copia del Prado e la Madonna dei fusi di New York.

Madonna dei fusi, New York
I casi sono due: o Leonardo usava vari tipi di ambientazioni paesaggistiche o anche la Madonna di New York è un prodotto di bottega magari dipinta dallo stesso Salai.

Ma confrontando Monna Vanna con la Madonna dei fusi si nota, in quest'ultima, una mano diversa, specialmente nei volti, da quella del Salai.
Lo stesso paesaggio risulta diverso, nella Madonna dei fusi, come nella Gioconda del Prado, dal personaggio ritratto si dipartono tutta una serie di stradelle che scendono a valle e traversano un fiume attraverso un ponte. La stessa che si trova anche nella Gioconda del Louvre, ma non nella Monna Vanna. Oggi si tende a paragonare questo paesaggio con quello del basso Valdarno, nei pressi di Vinci. e i suoi calanchi.

Se accettiamo la mano autografa di Leonardo della Madonna dei fusi dovremmo anche pensarla per la Gioconda del Prado.

Il problema non è facilmente risolvibile, anche se dall'Hermitage ci giunge in soccorso una copia della Gioconda non molto conosciuta. Da sempre attribuita a "Scuola Lombarda del XVI secolo" questa terza Monna Lisa sembra quasi, a livello di paesaggio, un tramite tra la Madonna dei fusi, la Gioconda del Prado e quella del Louvre.
Monna Lisa dell'Hermitage
Come si può notare il sorriso della Gioconda dell'Hermitage perde l'ambiguità di quella leonardesca avvicinandosi di più a quella del Prado. Anche se segue in maniera pedissequa la versione del Louvre, un paesaggio crepuscolare, il ponte che traversa il fiume giù nella valle, accenna in maniera molto più nitida di quella del Louvre, il paesaggio montagnoso che ritroviamo nella Madonna dei fusi e nella versione del Prado di Monna Lisa.

Un altro quadro leonardesco che riproduce un paesaggio simile alla Gioconda del Prado è la "Vergine delle rocce", quella della versione conservata alla National Gallery di Londra.

A proposito di questa versione del, possiamo dire, il secondo quadro più famoso di Leonardo (secondo alla Gioconda del Louvre ovviamente), ho avuto già il piacere di valutarlo e confrontarlo con quello, decisamente più celebre e a mio avviso più bello, che si trova al Louvre. Nel caso specifico della Madonna londinese, avevo proposto una diversa lettura di questo capolavoro ritenendolo anche questo un lavoro di bottega (nonostante ormai tutti, o quasi, siano convinti che si tratti di un autografo del maestro). Ho provato anche a fare un'attribuzione, per niente convincente anche secondo me, al Gianpietrino. anche se la possibilità che sia il De Predis non è per niente remota. Ma diciamo che confrontandolo con l'originale del Louvre, le differenze saltano all'occhio.
Vergine delle rocce, National Gallery (part.)

Anche in questo caso la luce "lunare" della versione della Vergine delle rocce di Londra ricorda forse più la Gioconda del Prado o la Madonna dei fusi di New York che non il suo omologo conservato al Louvre, come si può notare da questo particolare del paesaggio.

Ma ritorniamo ai Leonardeschi, perché abbastanza chiaro che nel caso della Monna Lisa del Prado si deve cercare fra i suoi allievi.
Del Salai abbiamo già parlato. Stando alle dichiarazioni degli esperti del Prado è proprio lui, il Salai, che nel primo decennio del XVI secolo, dipinge una copia del quadro più famoso del mondo.
Gianpietrino, Santa Maria Maddalena
Differenziandosi in alcuni particolari, non indifferenti, dall'originale del maestro, forse per "firmare" la propria versione. Ma altri leonardeschi possono avere la palma di autori della Gioconda del Prado.
Purtroppo fra i vari leonardeschi si fa spesso confusione, le similitudini sono incredibili fra Francesco Melzi, Cesare da Sesto, il Gianpietrino (del quale possiamo vedere questa notevole Maria Maddalena con la solita scenografia di monti aguzzi), Bernardino Luini, Filippo Napoletano etc.

Una scorciatoia potrebbe essere la cronologia. Non tutti gli allievi di Leonardo erano presenti quando Leonardo aveva dipinto la Gioconda, ma d'altra parte non è detto che la copia del Prado non possa essere posteriore, anche di qualche decennio dal capolavoro di Leonardo.

Quindi il mistero rimane, fino a che qualcuno non porrà fine a questa querelle. Il Salai è un'ottima attribuzione, la sua Monna Vanna dimostra una notevole somiglianza formale alla Gioconda del Prado.
Bernardino Luini, Marta e Maria

Ma provate a confrontare il volto di questa Maria di Bernardino Luini con quella della "Monna Lisa" del Prado. La somiglianza è notevole. Bernardino Luini è un pittore d'area leonardesca, non un allievo diretto di Leonardo come il Melzi o il Salai, chissà se avrà mai avuto modo di conoscere la vera Gioconda prima del trasferimento a Fountainebleau? Di certo quando Leonardo morì, nel 1519, il Luini era già un pittore attivo a Milano e molto conosciuto. Poi, come abbiamo visto, nel 1524 alla morte del Salai, l'inventario dei suoi beni comprende una Gioconda, ma non è specificato se è opera di Leonardo o dello stesso Salai. D'altra parte lo stesso volto di Maria del Luini ha un'impressionante somiglianza anche con la copia della Gioconda dell'Hermitage, tutt'ora attribuito ad anonimo di scuola lombarda del XVI secolo.
Monna Lisa, Hermitage

Il ritrovamento e il restauro della Monna Lisa del Prado, nonché la sua incerta attribuzione al Salai, darebbe una nuova luce all'inventario del pittore-amante di Leonardo da Vinci. Ma nell'incertezza non possiamo escludere che il Luini abbia visto, e magari copiato, la Gioconda che il Salai aveva in casa.



lunedì 20 febbraio 2012

I mille volti di Leonardo

Leonardo (?), Ritratto lucano
Il ritrovamento del ritratto di Leonardo da Vinci di Acerenza (Potenza), chiamato anche ritratto Lucano, pone tutta una serie di quesiti lungi dall'essere risolti.

Il primo ovviamente è quello che riguarda il personaggio ritratto su questa tavola. E' veramente Leonardo da Vinci? A colpo d'occhio non paiono esserci dubbi, è la classica raffigurazione del pittore toscano. Anzi direi che è l'iconografia classica del genio di Vinci.

Il secondo quesito riguarda l'autore del ritratto, e qui le proposte sono state molte. In un primo tempo la mano del pittore non viene riconosciuta ed è stato ritenuto di mano sconosciuta, poi si è fatta avanti l'ipotesi che potesse essere forse un autoritratto del pittore.

Il terzo quesito, legato al precedente, è: ma come caspita ci è arrivato in Lucania addirittura un autoritratto di Leonardo?

La prima risposta che appare ovvia, ma forse troppo ovvia, è che si tratti di un ritratto fatto da un pittore coevo di Leonardo, o poco posteriore, e che provenga dalla sua scuola. Ma anche questa soluzione non ci convince completamente.
Come si sa la Scuola leonardesca per eccellenza è stata quella lombarda. Dagli allievi come il De Predis, il Salai, il Luini provengono le maggiori opere dello stile leonardesco in Lombardia. Soltanto Francesco Galli, detto Francesco Napoletano, tradisce un'origine meridionale fra gli allievi leonardeschi che conosciamo.
Francesco Galli, Ritratto di giovane

Come si vede in questo suo "Ritratto di giovane" lo stile di Francesco però si allontana da Leonardo, almeno dal Leonardo ritrattista, quello della "Ginevra" con lo sfumato accentuato. Stilema che manca sia nel ritratto lucano che nei quadri ancora "pollaioleschi" di Ambrogio de Predis, nonostante la vicinanza a Leonardo e una lunga carriera come ritrattista.

Il ritratto (o autoritratto) lucano non sembra nemmeno di scuola leonardesca, anche se fa di tutto per sembrarlo. Gli allievi di Leonardo sono molto più attenti al particolare, molto più ricercatori delle varianti del gioco luci-ombre. Il tutto poco presente nel presunto autoritratto di Leonardo.

In questa tavola si può riconoscere un certo stile manierista più che tardo rinascimentale.
Ma quanti sono i "reali" ritratti di Leonardo? Pochi, anzi forse nessuno tra quelli conosciuti. Nei suoi quadri si è spesso cercato di riconoscere il pittore fra le schiere di Apostoli o santi di tutte le specie. Qualcuno ha pensato che pure dietro la "Monna Lisa" possa esserci celato un suo autoritratto. Ma dalla leggenda alla realtà il passo è lungo.
Disegno di Torino

Il disegno conservato a Torino, quello con il quale sempre si rappresenta il pittore toscano, non è mai stato appurato, con fonti certe, che sia effettivamente il volto di Leonardo invece che il volto di un vecchio o di un apostolo.

Rimangono comunque altri quadri che rappresentano, o vogliono rappresentare il volto di Leonardo.
In primis quello conservato alla Galleria degli Uffizi, ma, pur se creduto un autoritratto per qualche tempo, adesso sappiamo che fu dipinto a posteriori, con un'approssimazione che va dalla fine del '500 e l'inizio del '600. Leonardo era già morto nel 1519.




Si è identificato il Vasari come autore del ritratto degli Uffizi, ma è un'attribuzione poco credibile, dato che lo stesso pittore di Arezzo aveva dipinto, sicuramente di sua mano, un ritratto del pittore di Vinci che si trova a Casa Vasari, insieme ad altri ritratti ideali dei più grandi pittori, molti dei quali riprodotti nelle incisioni a corredo delle sue "Vite dei pittori".
Ebbene il Leonardo di Vasari non somiglia affatto a quello degli Uffizi.

E' difficile che uno stesso pittore traduca su tela o su affresco due ritratti così diversi dello stesso soggetto.

Vasari (?), Ritratto degli Uffizi
Anche se a livello iconografico ormai la figura di Leonardo, al tempo del Vasari, aveva una sua fisionomia prefissata: quella del genio, saggio e con la lunga barba bianca, quella del ritratto di profilo di Cristofano dell'Altissimo, ripreso dallo stesso Vasari nell'affresco di casa sua.

Lontano come stile dal ritratto lucano, quanto a quello degli Uffizi, da alcuni ritenuto di sua mano. L'unica cosa che li rende simili, e diversi dal ritratto lucano, è lo stesso sguardo ferino e indagatore, mentre nel ritratto lucano cede il posto ad un'espressione più sognante, forse data dall'occhio ceruleo.
Ma come in tutto quello che riguarda i pittori dai primordi del Medioevo all'età di Michelangelo, conviene leggere la sua "Vita" scritta dal Vasari e cercare, tra le spuntature qualcosa di non letto, non notato sul presunto ritratto ( o i ritratti) di Leonardo da Vinci.
Ad esempio è molto importante questa testimonianza, avuta dal Vasari da uno degli allievi più cari a Leonardo: Francesco Melzi che parla dell'eredità che ha avuto dal suo maestro, a cominciare dai codici sull'anatomia.

Giorgio Vasari, Ritratto di Leonardo
"...di queste carte della notomia degl'uomini n'è gran parte nelle mani di Messer Francesco da Melzo, gentiluomo milanese, che nel tempo di Lionardo era bellissimo fanciullo e molto amato da lui, così come oggi è bello e gentile vecchio, che le ha care e tiene  come per reliquie tal carte insieme con il ritratto della felice memoria di Lionardo"


(Giorgio Vasari, Vita di Leonardo da Vinci)

Qual'è il significato dell'ultima frase? Cos'è il "ritratto della felice memoria di Lionardo"? Una metafora letteraria di Vasari o si riferisce ad un ritratto reale?
Qualche commentatore delle "Vite" sicuramente saprà rispondere, ma se si trattasse di un autoritratto, magari quello del famoso disegno di Torino, ma perché  dovrebbe essere proprio un disegno?

Cristofano dell'Altissimo, Ritratto di Leonardo
La frase di Vasari parrebbe indicare che il Melzi ha "le carte" del trattato di anatomia "e tiene come per reliquie tal carte" e poi pare aggiungere "insieme con il ritratto" di Leonardo. Quindi sono due cose separate le carte e il ritratto.
Del Melzi abbiamo anche una sanguigna che ci consegna, probabilmente, l'unico ritratto di Leonardo da Vinci, almeno l'unico che riporta le vere fattezze del maestro.

Questo disegno, a mio avviso, mette in secondo piano quello di Torino, autografo leonardesco, ma non troppo somigliante al ritratto del Melzi, da cui derivano i "Leonardi" di Cristofano dell'Altissimo e quello di Vasari, se non per altro perchè tutti e tre sono rappresentati di profilo.

Francesco Melzi, Ritratto di Leonardo
C'è una differenza fra i vari volti dei tanti ritratti di Leonardo, uno è abbastanza palese:
Nei ritratti, ideali, di Cristofano, Vasari e quello degli Uffizi c'è una somiglianza: il naso aquilino. Mentre nel ritratto di Melzi e quello lucano il naso è tutt'altro che aquilino.

E se il ritratto lucano fosse opera di Francesco Melzi? Il passo di Vasari non è molto chiaro, e possiamo anche interpretarlo in maniera diversa cioè il "ritratto della felice memoria di Lionardo" potrebbe essere quello del disegno del Melzi oppure, perché no, proprio il ritratto lucano.

Ovviamente siamo nel campo delle ipotesi, dato che per quanto ne so, non esistono documenti che attribuiscano sicuramente il ritratto (o autoritratto) lucano alla mano del genio toscano o ad altri pittori, ma sicuramente il mistero è tutto leonardesco, come al solito.

domenica 1 gennaio 2012

Un'altra attribuzione per La Vergine delle Rocce di Londra: il Giampietrino

Vergine delle Rocce, National Gallery
La "Vergine delle Rocce", con le sue varianti, è uno dei quadri più belli usciti dalla bottega milanese di Leonardo.
In un articolo su Leonardo da Vinci di Andrew Graham-Dixon, pubblicato sul "Telegraph" il 10 novembre 2011, si fa un'affermazione che non condivido: la variante presente alla National Gallery è sicuramente attribuibile alla mano di Leonardo, così come quella del Louvre. Seppur diverse, in molti particolari, per Graham-Dixon sono ambedue di sicura mano del pittore toscano:

"In this case both pictures are certainly by the master, although the later, London version has traditionally been regarded as inferior to its Paris rival"

Le versioni sono decisamente diverse, anche ad un occhio inesperto. Quella francese da sempre è stata creduta di mano del maestro.
La scena avvolta dalla luce del crepuscolo è decisamente leonardesca. La ritroviamo nell'"Annunciazione" degli Uffizi ed anche nella più celebre "Monna Lisa".

Vergine delle Rocce del Louvre
La versione inglese (chiamiamola così) è invece avvolta da una luce lunare che mostra meglio i particolari dei personaggi e la struttura dello sfondo. Diciamoci la verità: è un Leonardo inconsueto, anche se l'autore dell'articolo lo confronta col "Salvator Mundi" e ci trova delle similitudini.

Anche nell'iconografia ci sono differenze importanti. L'angelo che nella versione del Louvre indica al piccolo Gesù la presenza del Battista, in quella della National Gallery si limita a guardare il Bambino senza indicare San Giovannino.
Nella versione inglese i personaggi hanno l'aureola e San Giovanni il classico bastone dell'eremita con la croce, tutte cose che non appaiono in quella francese.

Esuliamo per un momento da questa "querelle" e cerchiamo una strada alternativa. Potrebbero essere due mani diverse, anzi per me lo sono sicuramente, la "Vergine delle Rocce" della National Gallery e di un'altra mano. Ma di chi potrebbe essere? Tra i leonardeschi lombardi DOC, io eliminerei sia il Luini che il Boltraffio. I due hanno una mano diversa, sono molto più autonomi  nello stile di altri allievi come Cesare da Sesto, il Giampietrino o il Salai che sono meno originali e più vicini alla mano del maestro.
Naturalmente questo non è un argomento valido per escludere sicuramente i primi due.
Ma adesso conviene concentrarsi su Leonardo della tela del Louvre e le differenze con la versione di Londra.
La "Vergine" di Parigi tende allo"sfumato", nella versione londinese, invece, tutti gli oggetti dello sfondo sono perfetti, una luce lunare li illumina e li definisce perfettamente.
Non dobbiamo spiegare in questa sede quanto lo sfumato fosse importante per Leonardo, basti guardare la composizione e i colori della "Monna Lisa" per rendersene conto.
In questo periodo Leonardo è a Milano ma si è portato dietro un allievo della sua scuola lombarda: Giovanni Ambrogio De Predis.
Fra il 1483 e il 1486 il dipinto sarà pronto per essere collocato su l'altare della chiesa della Confraternita che l'aveva commissionato.

Giovanni Ambrogio De Pedris, San Sebastiano
In molti ormai sono sicuri che il De Predis collaborò con il maestro per questa tela . Il De Predis lavorava soprattutto come ritrattista per la Corte degli Sforza. In questa ultima veste non fu molto originale, rimasto com'era ai modelli di Piero della Francesca, al massimo botticelliani se non quelli di ambito ferrarese. Ma durante la sua frequentazione di Leonardo acquisì una certa padronanza delle fisionomie leonardesche come si vede nel "San Sebastiano".
Si può tranquillamente accettare l'ipotesi di una collaborazione maestro-allievo per la tela del Louvre.

Potrebbe essere la versione di Londra di mano del De Predis? Cioè una versione della tela senza l'intervento di Leonardo, date le differenze fra le due "Vergini" sopra esposte?  Lo stile non lo confermerebbe. Bisogna cercare allora altrove. Le prima idea, non certo originale, che ho avuto è che possa essere del Giampietrino, soprattutto per i paesaggi molto ben definiti e i colori freddi, mentre gli altri leonardeschi lombardi tendono tutti ad usare lo sfumato.

Un'altra possibilità è riconoscerci la mano di Andrea Solario, ovviamente del periodo leonardesco. Ma anche se non lo escludo completamente, il Solario non frequentava ancora la bottega del maestro al tempo della composizione del quadro.

Gianpietrino, Leda
Se invece confrontiamo la tela di Londra con la "Leda" del Giampietrino, si notano i colori più freddi, i personaggi e lo sfondo più delineati  diversi dagli incarnati di De Predis e i suoi paesaggi. Lo stesso si può dire anche in confronto a quelli di Leonardo in più di un'opera di sua mano.

La "Vergine delle Rocce" della National Gallery di Londra non è di Leonardo da Vinci bensì, molto probabilmente, di Giovanni Pietro Rizzoli detto il Giampietrino.
Con buona pace dei londinesi che si dovranno accontentare di un lavoro di bottega, quasi sicuramente non di mano leonardesca.


venerdì 21 ottobre 2011

Maria Maddalena? No mi chiamo Giovanni (strana iconologia di Dan Brown)

Leonardo da Vinci, Ultima cena
L'iconologia è una scienza praticata fin dagli anni '30 dal gruppo di storici dell'arte tedeschi che fanno capo al Warburg Institute di Londra.
Aby Warburg, storico e collezionista d'arte rampollo di una famiglia di banchieri ebrei tedeschi, notò che la storia dell'arte fino a quel momento aveva studiato a fondo le caratteristiche tecniche della pittura, la cosiddetta iconografia, ma raramente era entrata nel merito dei soggetti rappresentati.
Dan Brown parte dal dato iconologico per affrontare, nel "Codice Da Vinci", la pittura di Leonardo.
Purtroppo per lui, ma soprattutto per noi, le sue teorie iconologiche su Leonardo sono alquanto bislacche, intanto già il titolo del libro è scorretto "The Da Vinci Code", poichè il vero nome del pittore era Leonardo da Vinci (cioè proveniente dal paese toscano di Vinci) e non Da Vinci ovvero Da Vinci non era il suo cognome ma soltanto un'indicazione geografica, un modulo molto usato fin dal Medioevo per indicare le persone.
Le sue riletture dei capolavori del pittore di Vinci sono opinabili, poichè La Gioconda o La Vergine delle Rocce hanno da sempre costituito un enigma per gli storici, la lettura di Langdon pare verosimile (insomma ognuno di noi può avanzare la propria teoria interpretativa dell'enigma nascosto dentro questi quadri).
Purtroppo Brown nella sua ansia di porre sotto il microscopio le opere di Leonardo, s'imbatte nell' Ultima Cena di Milano e qui casca l'asino.
Cercando di avvalorare la sua tesi sulla funzione matrimonial-sessuale della presenza di Maria Maddalena accanto a Gesù incorre in un errore "iconologico" abbastanza pacchiano.
Chi è il personaggio androgino dipinto da Leonardo accanto a Gesù nel celebre affresco milanese?
Il professor Langdon-Brown non ha dubbi, ha il seno ed è senza barba quindi è una femmina, chi è la femmina più famosa tra i seguaci del Cristo?
Maria Maddalena.
Partiamo dalla semplice affermazione che intanto Leonardo conosceva la vita di Gesù attraverso i Vangeli, come i suoi contemporanei, e dai Vangeli traeva la struttura iconografica delle storie di Cristo.
La scena rappresentata nell'affresco milanese corrisponde al momento in cui Gesù dice "In verità vi dico che uno di voi mi tradirà" (Mt. 26, 21, Mc. 14, 18, Lc. 22, 21, Gv. 13, 21) infatti si vede tutta l'agitazione e lo smarrimento degli apostoli di fronte a questa notizia.
Leonardo segue passo passo il Vangelo di Giovanni che fa la descrizione più dettagliata sull'episodio dell'Ultima Cena.
"Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse <Dì, chi è colui a cui si riferisce?>. Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù gli disse <Signore, chi è?>" (Gv. 13, 24-26).
Se andiamo a controllare l'affresco di Santa Maria delle Grazie vediamo alla destra di Gesù l'androgino di Langdon che si sposta verso l'apostolo con la barba bianca che gli chiede qualcosa e Giovanni nel testo riportato viene interrogato da Simon Pietro.
Ma dove si trovava Giovanni al momento della cena?
"Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava , si trovava a tavola al fianco di Gesù" (Gv. 13, 23)
D Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che tutta questa scena avviene prima della fuga di Giuda, i commensali erano allora i dodici apostoli più Gesù quindi tredici.
Se contiamo le persone rappresentate da Leonardo nell'affresco sono per l'appunto tredici.
Chi è dunque l'apostolo che siede alla destra di Gesù senza barba coi lunghi capelli chiari?
Per Dan Brown è senza dubbio Maria Maddalena ha pure il seno!
La presenza del seno è anche questo opinabile infatti è facile dedurre che è una piega del largo vestito dell'apostolo tra l'altro spostato indietro e quindi una posizione particolare con un largo mantello porpora che gli copre metà della spalla e mette in evidenza l'azzurro della tunica dell'apostolo.
Ma se i dodici apostoli erano tutti presenti e la figura alla destra del Cristo è Giovanni?
Sulla presenza dell'Apostolo prediletto non ci sono dubbi tutti i Vangeli lo confermano o tantomeno non lo escludono.
Confrontando questo affresco con altri soggetti simili del rinascimento in tutti i più celebri (Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, Andrea del Sarto, Andrea del Castagno) compare un apostolo a fianco di Gesù, in genere alla sinistra, senza barba e con lunghi capelli che reclina la testa sul petto di Gesù e la stessa iconografia si trova nei grandi esempi del Medioevo da Duccio di Buoninsegna a Giotto.
Masaccio, Crocifissione

Potremmo domandarci del perchè l'apostolo Giovanni non porta la barba come gli altri apostoli nonchè lo stesso Gesù; al tempo dell'Ultima Cena in Palestina tutti gli uomini la portavano ma se confrontiamo i dati in nostro possesso sappiamo che il Vangelo di Giovanni è stato scritto, in greco, a metà del I secolo d.C. in età molto avanzata.
Nel periodo della sua presenza accanto a Gesù, Giovanni era poco più di un adolescente e l'iconografia accettata dalla Chiesa lo raffigura sempre senza barba.

Un'altra testimonianza di questa particolarità è la presenza di Giovanni accanto alla Madonna sotto la croce, insieme a Maria Maddalena, il primo con i capelli lunghi "alla Nazarena", Maddalena con i lunghi capelli sciolti testimonia la sua differenza dalle altre donne palestinesi, sempre con i capelli raccolti sotto un velo, questo dei capelli sciolti è un particolare che indica il mestiere di Maria Maddalena: la prostituta.
Tutto questo nel rinascimento era già stato codificato nelle rappresentazioni sacre, ogni altra lettura va contro la tradizione consolidatasi nel corso dei secoli, ma Dan Brown salta questo passaggio passando direttamente ad una lettura iconologica falsa.