mercoledì 14 marzo 2012

Pontormo e la censura

La creazione di Adamo ed Eva
"Intendeva rivaleggiare Michelangelo, ma invece non fece che un ammasso di scontorcimenti e di strane figure, onde vennero imbiancate senza danno dell'arte"

(Filippo de Boni, Biografia degli artisti, Venezia, 1840)

Questa frase tremenda, di un'iconoclastìa che dovrebbe far vergognare qualunque storico, o anche soltanto un amante, dell'arte di ogni tempo, Filippo de Boni la indirizza al "Giudizio Universale" di Jacopo Carucci detto il Pontormo.

E qui entriamo nel torbido mondo della censura, che ha colpito l'arte pittorica, e non, in tutti i tempi o quasi. Forse, incredibilmente, abbiamo perso (volontariamente) più opere nel Secolo dei Lumi che durante il Modioevo e la Controriforma.

Mettere i mutandoni ai nudi della Sistina, ai tempi della Controriforma, non è paragonabile al danno della imbiancatura del coro della Basilica di San Lorenzo, a Firenze con la conseguente sparizione di uno dei più grandi affreschi di Pontormo sul tema simile di quelli di Michelangelo della Cappella Sistina a Roma: le storie dell'Antico Testamento e il Giudizio Finale.
Questo ciclo fu probabilmente il punto d'arrivo dell'arte di Pontormo dato che morì mentre ancora affrescava questo capolavoro che fu finito dal suo migliore, e forse unico, allievo: Agnolo Bronzino.
Proprio di Bronzino è l'unico scomparto rimasto dell'intera decorazione che rappresenta il "Martirio di San Lorenzo", questo probabilmente faceva parte del complesso degli affreschi, anche quelli di Pontormo nel Coro, quindi lo stile di questo del Bronzino non poteva essere dissonante con il resto della decorazione, quindi dovrebbe essere consono anche allo stile del maestro.
Agnolo Bronzino, Martirio di San Lorenzo


Gli affreschi di Pontormo sopravvissero alla Controriforma, durante la quale il ciclo fu finito nel 1556. Il Pontormo sarebbe morto l'anno successivo.
Ma non sopravvissero alla figlia del bigotto Cosimo III de' Medici, sotto la quale furono irrimediabilmente grattati via dal coro della chiesa. Correva l'anno 1738, taluni lo pospongono al 1742 quindi per volere di Anna Luisa Elettrice Palatina, nel momento del trapasso dei poteri tra gli ormai estinti Medici e i Lorena.
Poco importa, fu comunque il bigottismo degli ultimi Medici che distrusse uno dei più grandi affreschi del primo Manierismo.

L'Abate Lanzi, noto erudito e storico dell'arte del '700, al contrario del de Boni, si lamenta della perdita degli affreschi che non ebbe modo di vedere dal vivo:

"Imbiancata già senza querela degli artefici"

(Luigi Lanzi, Storia Pittorica dell'Italia)

Poi si lascia andare ad una descrizione ripresa dalle notizie lasciate da Vasari nella vita del pittore, uno dei pochi che ha descritto il ciclo degli affreschi nel dettaglio del coro di San Lorenzo.

Probabilmente il disegno col mucchio di morti "contorti" (come direbbe il de Boni) corrisponde alla descrizione del Vasari:

Mucchio di cadaveri (Diluvio Universale?)
"Fece la inondazione del Diluvio, nella quale sono una massa di corpi morti ed affogati"


(Giorgio Vasari, Vita del Pontormo)

Vasari è il primo a stupirsi della nudità di tutte le figure, Evangelisti compresi, che in genere vengono rappresentati vestiti.

"In uno de' canti [...] sono i quattro Evangelisti nudi con libri in mano"


Evangelisti
Anche per Vasari siamo di fronte ad un'opera particolare, probabilmente il manierista Vasari non capisce il michelangiolismo interno a quell'affresco, il suo voler oltrepassare Michelangelo, affrontandolo sul suo terreno, quello del nudo e dei corpi scultorei.

Poi ci sono delle implicazioni teologiche sulle quali sorvoliamo, la bellezza di questo ciclo d'affreschi deve essere stata senza paragoni.
Ma Vasari non l'apprezza, l'intrico dei corpi inutilmente nudi. Nel confrontarsi con le muscolari anatomie michelangiolesche, Pontormo contrapponeva, a quelle statuarie, ma statiche nell'effetto pittorico, di Michelangelo, i suoi corpi guizzanti, spesso intrecciati, ma anatomicamente altrettanto accurati che quelli di Michelangelo.

Pontormo affronta il nudo con un certo coraggio, sia per l'ovvio confronto che ci sarebbe stato con l'affresco della Cappella Sistina, sia perché in precedenza non è stata certo una sua caratteristica il nudo.

Ovviamente nella "Deposizione" di Santa Felicita il corpo di Cristo deposto è nudo, come richiede la tradizione iconografica, ma il corpo di Gesù è diverso dai personaggi di un Giudizio Universale.

Forse proprio la "Deposizione" è il quadro di Pontormo più stilisticamente vicino al Giudizio Universale. Questa è una deduzione visti  vari disegni rimastici di mano del Pontormo dei bozzetti dei suoi affreschi.

I corpi intrecciati, l'iconografia a spirale di questo capolavoro dell'arte mondiale: cioè "la Deposizione", possono, a mio avviso preludere a quelli che il Vasari descrive come una ragnatela di corpi che avviluppa colui che guarda al punto da farlo impazzire:

Deposizione
"Ch'io mi risolvo, per non l'intendere ancor io [l'affresco di Pontormo] , se ben son pittore di lasciarne far giudizio a coloro che la vedranno [purtroppo noi non siamo fra questi]: perciocché io crederei impazzarmi dentro e avvilupparmi, come mi pare, che in undici anni di tempo che egli ebbe, cercass'egli di avviluppare sé e chiunque vede questa pittura con quelle così fatte figure"


La perdita di un simile capolavoro ci pone di fronte ad un quesito: dove è arrivata l'arte del Pontormo?
Forse ha superato sé stessa?
E' molto  probabile ma purtroppo non lo sapremo mai, è intervenuta la censura a scegliere per noi se fosse degno o no di essere visto.

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