martedì 27 settembre 2011

Giorgione, I tre filosofi. Una lettura dantesca

I Tre Filosofi, Kunsthistorische Museum, Vienna

"Poi ch'innalzai un poco più le ciglia,
vidi 'l maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia.
Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
quivi vid' ïo Socrate e Platone,
che 'nnanzi a li altri più presso li stanno;
Democrito che 'l mondo a caso pone,
Dïogenès, Anassagora e Tale,
Empedoclès, Eraclito e Zenone;
e vidi il buono accoglitor del quale,
Dïascoride dico; e vidi Orfeo,
Tulïo e Lino e Seneca morale;
Euclide geomètra e Tolomeo,
Ipocràte, Avicenna e Galïeno,
Averoìs, che 'l gran comento feo"
(Dante, Inferno, IV, 130-144)


Giorgione avrà conosciuto questo passo dell'Inferno dantesco al momento della sua stesura del soggetto, ancora d'incerta interpretazione, del suo quadro chiamato "I tre filosofi"? Non possiamo conoscere la risposta ma forse il committente o l'eventuale umanista che ha ispirato questo soggetto aveva sicuramente un'idea precisa dei personaggi rappresentati.

Sin dalla prima citazione dell'esistenza di questo quadro, nel 1525 dello storico veneziano Marcantonio Michiel nobile studioso della celebre famiglia veneziana, nonché collezionista, questa opera viene descritta come:
«tela a oglio delli tre phylosophi nel paese, dui ritti et uno sentado che contempla gli raggi solari cun quel saxo finto cusì mirabilmente, fu cominciata da Zorzo da Castelfranco et finita da Sebastiano
Vinitiano». ("Notizia d'opere del disegno" di Marcantonio Michiel).

A venti anni dalla sua composizione, che viene datata fra il 1505 e il 1509. Il titolo di questa tela era diventato "I tre filosofi". Questo non dimostra che inizialmente la tela avesse questo titolo. Però il Michiel che era nato nel 1484, quindi era ventunenne al tempo della composizione del quadro, è difficile che si sia inventato il titolo.

Quasi sicuramente il Michiel vide la tela nella sua sede primigenia, quindi a casa Contarini. Era infatti stata commissionata nel 1505 da Taddeo Contarini. Sappiamo che Marcantonio Michiel aveva visitato la casa di Michele Contarini dove aveva descritto la sua collezione di cammei antichi.
Tutte le interpretazioni moderne di questo dipinto, a suo modo misterioso, come l'altro capolavoro della stesso Giorgione "La tempesta", sembrano essere, ciascuna a suo modo plausibili.

Una delle tante li vede come i tre Magi in procinto di partire per raggiungere la grotta di Betlemme, altri ne fanno un'interpretazione alchemica, partendo dal dato che Taddeo Contarini pare fosse interessato all'alchimia.

Personalmente protendiamo per quella del Ferriguto (1953) che parla delle tre fasi del pensiero aristotelico.
Se accettiamo questa identificazione il titolo "I tre filosofi" sembra il più ovvio.
Un'altra interpretazione interessante è quella che vede nei tre personaggi l'allegoria delle tre religioni abramitiche: l'Ebraismo, rappresentato dal vecchio, l'Islamismo, rappresentato dalla figura centrale vestito alla maniera araba, e il Cristianesimo dal giovane seduto di profilo con squadra e compasso in mano. Ovviamente non può sfuggire, anche ad un occhio meno attento, l'ulteriore significato allegorico delle tre età dell'uomo: la giovinezza, la maturità e la vecchiaia.
Giorgione (Tiziano?) Le tre età dell'uomo
- Le tre età dell'uomo -

Questo ultimo soggetto era già stato usato dal Giorgione in un quadro intitolato appunto "Le tre età dell'uomo". Ma proprio questo ultimo quadro ci dà un suggerimento importante cioè che i personaggi raffigurati non fossero completamente avulsi dalla realtà, quindi un'allegoria che usava i ritratti, veri o presunti, di persone realmente esistite. La figura del vecchio, nella tela delle "Tre età dell'uomo, è stato interpretato come il ritratto di Adrian Willaert (1490-1562), contrappuntista fiammingo chiamato a dirigere il coro della cappella di San Marco a Venezia. Ma al tempo del Giorgione, morto di peste nel 1510, Willaert non era neanche a Venezia e non poteva essere certo rappresentato come un vecchio, infatti il suo primo viaggio in Italia lo portò a Roma nel 1515 e al tempo della morte di Giorgione aveva soltanto vent'anni. Gli storici hanno quindi avanzato un'ulteriore ipotesi, più verosimile: cioè che si trattasse invece del ritratto di Jacob Obrecht, sempre della scuola musicale fiamminga, morto a Ferrara nel 1505. In compenso, nello stesso quadro il giovane a destra viene indicato come il ritratto di Philippe Verdelot (1470-1552), musicista francese considerato il padre del madrigale. Mentre sul fanciullo al centro con in mano uno spartito, per quel che sappiamo non è stata avanzata nessuna ipotesi. L'intera opera di Giorgione sfugge all'interpretazione certa dei personaggi ritratti ma la ricerca di possibili corrispondenze con uomini del suo tempo è sempre stata una delle costanti della ricerca iconologica sui suoi (e non soltanto suoi) lavori.
Raffaello, La Scuola d'Atene, Averroè (part.)

- Chi sono i tre filosofi? -

La nostra ipotesi, che più avanti cercheremo di dimostrare, è che i tre filosofi del quadro di Giorgione sono: partendo da destra verso sinistra, Tolomeo, Averroè ed Euclide.

Ma andiamo avanti passo per passo. Nel canto IV dell'"Inferno" dantesco il poeta fiorentino arriva nel Limbo dei sapienti nati prima dell'avvento di Cristo, dove incontra le ombre dei più importanti personaggi della cultura precristiana, che attendono la venuta della resurrezione dei morti e il Giudizio finale per accedere alla vista di un Dio che non hanno conosciuto, per motivi cronologici, durante la loro vita mortale. Qui, dove risiede anche l'ombra di Virgilio, Dante incontra le migliori menti del passato. A nostro avviso è da questa fonte che il Contarini trae spunto per la composizione del quadro di Giorgione. Alla fine della lista di coloro che <<sanno seder tra la filosofica famiglia>>, il poeta pone i seguenti filosofi: 
<<Euclide geomètra e Tolomeo,
Ipocràte, Avicenna e Galïeno, 
Averoìs, che 'l gran comento feo>>

Privilegiando Giorgione nella sua rappresentazione gli astronomi e i matematici piuttosto che i grandi della scienza medica, come vedremo più avanti.  
*Il filosofo arabo

Giovanni da Modena, Maometto (XV sec.)
Il personaggio centrale non è certo il più facile da identificare, è evidentemente un mediorientale. Sia le fattezze del viso che l'abbigliamento sono orientaleggianti. Non si può non raffrontarlo, con altri personaggi vestiti alla maniera araba di molte altre tele giorgionesche come ad esempio "Il giudizio di Salomone" o "L'adorazione dei Magi". Nella Venezia del tempo molti pittori raffiguravano mercanti turchi o mediorientali, si pensi soltanto agli arabi dei teleri di Carpaccio, anche questi abbigliati allo stesso modo che nel Giorgione. Ma l'arabo della tela di Giorgione non è un mercante qualsiasi, è un filosofo, quindi il campo della ricerca si restringe. Pensiamo ovviamente ai due grandi filosofi arabi ben conosciuti fin dai tempi di Dante: Avicenna e Averroè. Ma gli studiosi (antichi e moderni) hanno allargato la probabile rosa dei nomi con Albatenius (Al-Battani), o con lo stesso Maometto per quelli che interpretano il quadro come l'allegoria delle tre religioni monoteiste.
Sarebbe forse la prima volta che il profeta dell'Islam non viene raffigurato in occidente come un dannato nelle rappresentazioni dell'inferno, ma come un filosofo parigrado a quelli greci e cristiani, quindi a nostro avviso un'identificazione da scartare, soprattutto per un quadro del primo '500. Senza contare che la prima traduzione del "Corano" in lingua italiana e la sua diffusione fra le corti rinascimentali è della metà del XVI secolo stampata a Venezia nel 1547.

La supposizione che i tre filosofi rappresentino i tre stadi della filosofia aristotelica: L'Antico aristotelismo, l'averroismo medievale e la Scienza nuova, è decisamente quella più affascinante e, per noi, la più verosimile. Questa interpretazione si fonderebbe benissimo con l'allegoria delle tre età dell'uomo trasposta come tre età della filosofia. e i filosofi suggeriti da queste fonti sono: Tolomeo, Al-Battani e Copernico quindi tre filosofi della scienza o meglio ancora tre astronomi e matematici
.
L'identificazione di Al-Battani deriva dai suoi studi astronomici, in particolare il "De motu stellarum" tradotto da Platone da Tivoli nel 1116 in latino.

Sappiamo che Taddeo Contarini, che commissionò il quadro al Giorgione, era assiduo frequentatore della biblioteca veneziana del Cardinal Bessarione, che conteneva centinaia di codici greci (salvati dall'assedio dei turchi di Costantinopoli) e latini. E' molto probabile che fra questi ci fosse anche la traduzione latina di Al-Battani, vista l'influenza che ebbe sugli studi astronomici posteriori, ma non ne abbiamo la certezza, e non esiste nessuna fonte ad oggi verificabile. Di certo la biblioteca conteneva le traduzioni aristoteliche di Averroè, che lo stesso cardinale cita nel suo "In calumniatores Platoni" del 1480. A nostro avviso il "filosofo arabo" di Giorgione va ricercato fra i giganti della filosofia araba. Per coloro che vedono nel quadro del Giorgione un'allegoria alchemica forse Avicenna è il personaggio arabo più rappresentativo con il suo "Canone" medico. Invece per quelli che ci vedono un'allegoria del pensiero aristotelico Averroè è il più gettonato perché la sua influenza in occidente fu più corposa e diffusa, lo stesso Dante dice di lui che <<'l gran comento [di Aristotele] feo>> (Inf. IV)
Benozzo Gozzoli, Disputa tra San Tommaso e Averroè

Anche la sua figura appare spesso nell'iconografia italiana dal '300 in poi soprattutto nell'iconografia della disputa fra la sua filosofia e quella di San Tommaso d'Aquino. Lo ritroviamo infatti nel bellissimo affresco del Cappellone degli Spagnoli nel chiostro della chiesa di Santa Maria Novella dipinto da Andrea da Firenze del 1365, in una tavola quattrocentesca di Giovanni di Paolo, ma soprattutto in quella di Benozzo Gozzoli (oggi al Louvre), dove appare assieme a San Tommaso d'Aquino, Aristotele e Platone. Forse la sua presenza più importante è quella nel grande affresco di Raffaello "La scuola di Atene" dov'è l'unico arabo presente nella grande accademia fra tutti i filosofi greco-romani, in una postura quasi in adorazione di Aristotele e Platone che dominano la scena. Il fatto che Averroè sia stato assunto nell'Accademia dei filosofi, e nessun altro arabo, rafforza l'identificazione del filosofo giorgionesco con Averroè.
In tutti e quattro i quadri è caratterizzato dal turbante così come in quello di Giorgione. 

Un'identificazione alternativa a quella di Averroè potrebbe essere, ma non abbiamo nessuna fonte a supporto di questa tesi, che il filosofo "arabo" di Giorgione non fosse un filosofo arabo ma un averroista cristiano, il dottore della chiesa Alberto Magno. Questa identificazione, poco probabile ma non del tutto da escludere, è tratta dall'aneddoto che lo vuole talmente innamorato della filosofia araba da presentarsi vestito da arabo, questo durante una lezione sul pensiero di Avicenna e Al-Gahzali all'Università della Sorbona. Siamo comunque nel campo delle ipotesi non verificabili, ma ci piace pensare che il Bessarione conoscesse questa propensione del commentatore aristotelico medievale, poi santo, duecentesco.

I tre filosofi, Tolomeo, (part.)

*Tolomeo

Sul secondo filosofo, quello che compare a destra, con la lunga barba bianca e vestito da monaco, forse l'allegoria della vecchiaia, con un libro di appunti astronomici, non è difficile optare per il ritratto, ideale, di Claudio Tolomeo. Se volessimo seguire la teoria di coloro che ci vedono i tre Magi troveremmo difficile attribuire questo libro ai Magi che portavano altri doni, anche se loro sono considerati celebri astrologi ma non certo come astronomi.
Le pagine che il filosofo trae dalla tasca possono riferirsi forse alla sua opera più nota: "L'Almagesto", anche se d'incerta identificazione. Di sicuro l'opera di Tolomeo fu tradotta in latino dal Regiomontano proprio sulla spinta del cardinal Bessarione, che l'ospitò anche nella sua casa intorno al 1460. Come abbiamo più volte ripetuto la vicinanza, la frequenza e la familiarità tra Taddeo Contarini e il cardinale greco potrebbero aver costituito la base della rappresentazione del quadro di Giorgione.

Chi vede nell'opera invece la rappresentazione delle tre religioni, fa notare che in un'indagine sul quadro, fatta 
Raffaello, Tolomeo (di schiena)
di recente  con gli infrarossi si sono notate, fra i ripensamenti del Giorgione, una corona di raggi che in origine circondava la testa di questo filosofo. Per questo motivo si è parlato di un possibile Mosè.

Pur ammettendo possibile questa identificazione, che non stonerebbe con la presenza di un Maometto nella figura centrale, bisognerebbe capire perché le tavole della legge siano state sostituite con un trattato di astronomia. Anche questa identificazione è, a nostro avviso, da scartare. La scoperta dei "raggi" rafforza l'identificazione con Claudio Tolomeo perché nel '500 era spesso rappresentato con in testa una corona, simbolo regale, perché ancora lo si credeva discendente della dinastia egizia dei Tolomei. Appunto con una corona e un globo terreste in mano si può vedere nella "Scuola di Atene" di Raffaello negli Appartamenti Vaticani.


I tre filosofi, Euclide (part.)

*Il filosofo giovane

Sul filosofo giovane invece i dubbi sono molti e nessuno, per quanto ne sappiamo, ha mai ipotizzato potesse trattarsi di Euclide. Ovviamente ha tutti gli attributi euclidei: la squadra, il compasso e il foglio su cui disegnare le sue costruzioni geometriche. Forse fino ad oggi nessuno aveva preso in considerazione la citazione dantesca del IV canto. Dante lo definisce proprio <<Euclide geometra>>. In passato avevamo pensato ad un'altra identificazione cioè che fosse il ritratto di un giovane Platone, questo a causa della grotta verso la quale il filosofo giovane pare fissare il proprio sguardo, ma il possesso di squadra e compasso non erano certo gli attributi di Platone.

Le altre ipotesi hanno delle incongreunze facilmente verificabili. Prendiamo infatti quella più vicina alla realtà cioè che insieme a Tolomeo e Al-Battani (o Averroè) ci fosse Copernico. Il personaggio del monaco polacco potrebbe essere verosimile dato che studiò prevalentemente in Italia e rivoluzionò l'idea astronomica corrente ribaltando quella geocentrica di Tolomeo. Effettivamente anche il Michiel, descrivendo questo personaggio del quadro dice
<<che contempla gli raggi solari>>.
Questa sarebbe una pezza d'appoggio non indifferente per un'identificazione con Copernico ma, dobbiamo fare i conti con la cronologia. Si sa che la stesura del suo "De revolutionibus orbium coelestium" viene datata tra il 1507 e il 1512, ma fu per la prima volta pubblicato a Norimberga soltanto nel 1543. Giorgione era già morto nel 1510 e il quadro viene fatto risalire fra il 1505 e il 1509. Come può Copernico
Raffaello, Euclide
comparire in un quadro insieme a matematici e astronomi così importanti prima ancora della diffusione delle sue teorie?

Nella "Scuola di Atene", di cui abbiamo già parlato per la figura di Averroè, affresco del 1509, Euclide compare, già vecchio, mentre sta disegnando su di una lavagna con un compasso, alle sue spalle con un globo celeste in mano c'è proprio Tolomeo. Un'ultima annotazione il trattato euclideo "Gli Elementi" era stato stampato proprio a Venezia nel 1482, quindi al tempo della realizzazione del dipinto giorgionesco era già conosciuto e la sua opera maggiore appena tradotta e stampata.

(Franco Morettini e Costantino della Malghera

martedì 15 marzo 2011

GF 11 - Pene d'amor perdute

Grandi novità al Gran Bastardo, edizione 11esima, finalmente una bella puntata strappalacrime.
La vera star della puntata è stata decisamente la coatta romana Guendalina.
Temi scottanti: l'amore infranto e il razzismo.

Partiamo dal secondo, una tale Giordana, new entry di qualche giorno fa, si rivela per quella coattona che è e lancia insulti razzisti verso un'altra new entry: tale Rajae d'origine nordafricana (padre berbero, madre marocchina) nativa di Tripoli (bel suol d'amore).
La suddetta Giordana, in nomination insieme a Rajae e Guendalina, cercando di non cadere nel pozzo degli ignorati del GF, si mostra con un'aggressività abbastanza inutile attirandosi l'odio degli altri inquilini, al punto che il pissero Davide da Catania al confronto sembra un simpaticone.
Il Gran Bastardo 11 pilotando in maniera evidente il cosiddetto voto degli italiani (ma quando mai?) ha sacrificato la grande favorita Guendalina che, tra lo stupore generale (anche quello degli italiani votanti), per riaprire i giochi  è stata eliminata in favore della neonazista che invece rimane.

Ma il clou di questa puntata è stato raggiunto dalle confessioni dei partner fuori della casa, un vero piagnisteo nel quale la Marcuzzi ha potuto giocare a fare l'ambasciator non porta pene, (e lei non lo porta di sicuro), che pare sia un ruolo che ama.

1) Nando ovvero il re delle discoteche

Il povero Nando (ex burino che oggi fa il grande per discoteche e locali) si è dovuto, suo malgrado, confrontare con il suo amore casalingo Margherita dopo una sciagurata intervista alle Iene dove (come Leporello nel Don Giovanni di Mozart) ha vantato la sua lista di conquiste post Casa del GF.
Certo il suo catalogo è misero al confronto di quello del playboy settecentesco, ma è bastato per far incazzare la sua (ormai ex) Margherita e far felici i genitori di lei che hanno aperto di sicuro una bottiglia di champagne per festeggiare il lieto evento.

2) Sarò papà

Mentre l'ex compagno di Guendalina, che ha già dichiarato di aspettare un figlio da un'altra, è stato messo a confronto con, l'ormai in uscita, madre di sua figlia. Un confronto penoso, stupido e inutile. D'altra parte la comparsata nelle reti del Berlusca è servito a fargli guadagnare qualche euro per l'avvenire dei figli....

3) La donna del cornuto

Una tale Szilvia (che cacchio di nome è ungherese?) che ha fatto cornuto l'italo-nipponico Andrea, colui che si è fatto costruire le mutande di ghisa e porta il cilicio come un gesuita per non cedere alla tentazione della carne, Szilvia ha, sempre per soldi, fatto un'altra comparsata per dichiarare il suo errore pubblicamente, tantopiù che Andrea è ormai tra i favoriti alla conquista del titolo e del malloppo finale, ci sarà una relazione fra le due cose?

Speriamo che sia l'ultima fiera del pianto di questa orrenda edizione, non ne possiamo più!

sabato 12 marzo 2011

L'Isola dei Famosi 8 - La vergine del bunga bunga

Raffaella Fico lato B
In questo tempo di reality non possiamo perderci certo l'Isola dei famosi, arrivati all'ottava serie, la risposta RAI al Grande Fratello.
La novità di quest'anno è rappresentata dalla compresenza di Famosi (ma quando?) e dei parenti di famosi.
Così abbiamo visto la madre di Valeria Marini, il figlio di Rapetti, più noto come Mogol (quello di Battisti- Mogol), che di nome si presenta come Francesco non Rapetti, bensì come Francesco Mogol! Altrimenti tutti si sarebbero chiesti: Parente di chi?
La figlia femmina di De Andrè (che per fortuna di cognome fa De Andrè) e altri parenti compreso un bis-bis nipote di Giuseppe Garibaldi...questo sì che è famoso! Ma la naufraga più ambita e seguita è certamente la ex Gieffina Raffaella Fico.
La Fico, napoletana con lunghi capelli neri riccioluti, già ha ricevuto una cospicua beneficenza dal nostro amato cavaliere per la sua illuminante presenza ai festini di Arcore e sottoposta (pare) al rito iniziatico del bunga bunga .
Di certo il suo lato B (più propriamente detto culo) avrà saziato gli appetiti dei vari Fede-Mora-Rossella, ovvero tutti i partecipanti over 70 delle caste riunioni politiche del nostro beneamato.
Già la naufraga era salita ogni onori del gossip di qualche anno fa dichiarandosi ancora vergine e offrendo il suo tesoro al miglior offerente. Tutto questo già puzzava di bufala infatti le Iene al tempo della sua dichiarazione avevano provato a scoprire il trucco inventandosi uno sceicco arabo disposto a cacciare una marea di soldi per cogliere il fiore intatto di...fico. Ma la bella Raffaella aveva opposto resistenza ad una richiesta di una visita per constatare la veridicità dell'affermazione (che rimase tale) della napoletana.
Raffaella Fico lato tette
Alla fine il falso sceicco aveva pure ragione, ti vendi la verginità e non sei disponibile a dimostrarla, perché ti dovrei pagare? E soprattutto: perché ti dovrei credere sulla parola?
La novità della Fico, versione Isola dei Famosi, è un involontario topless della ex vergine di ferro, che ci ha donato aggratis anche il suo lato tette. Durante una prova di forza con le altre partecipanti del sesso debole. La Fico, volendo fare la fica, si era messo un costume a fascia che durante lo sforzo per aggiudicarsi non so che tipo di premio, ha premiato i telespettatori andandosene per conto proprio e lasciando la padrona a tette nude.
Il picco d'ascolto della trasmissione deve essere stato alto e la Ventura deve aver goduto della sventura della povera gieffina.
Come si sa l'Isola della RAI è stato uno dei parchi-femmine più ambito dal nostro premier dal quale aveva già attinto le gemelle De Vivo per il proprio sollazzo Gheddafi-style.
Ovviamente, oltre alla Fico, non mancano personaggi originali nemmeno in questa edizione, una per tutte Eleonora Brigliadori, che essendo una furia devastante di stronzate avremo modo di riparlarne presto.

domenica 6 marzo 2011

Vestire gl'ignudi

Aveva cominciato un magazzino di vestiti di Vienna nel 2000 (vedi la notizia dal sito de La Repubblica), ma oggi il fenomeno si è diffuso, in Spagna una catena di abbigliamento l'ha riproposto con grande successo di pubblico a Madrid, Santander e in questi giorni anche a Barcellona.
Il programma è semplice: presentarsi nudi, o almeno in intimo, di fronte al negozio prima dell'apertura, poi i primi cento clienti possono vestirsi gratuitamente scegliendo i capi d'abbigliamento dentro il negozio per uscirne vestiti di tutto punto.
La Kleider Bauer viennese offriva ai primi cinque clienti nudisti presentatosi alla cassa un buono di settecentomila lire (cinquemila scellini) per i vestiti. Il magazzino Desigual  in Spagna ha preferito invece premiare i coraggiosi con l'abbigliamento gratuito di due capi a scelta per ciascun concorrente.
In tempo di crisi economica che colpisce sia i clienti che i commercianti questa iniziativa è lodevole e molto appetita dal largo pubblico ormai con le pezze al culo grazie ai nostri governanti attuali.
Anticamente queste scene si vedevano soltanto nell'occasione dei saldi di fine stagione ma comunque, anche se con prezzi più contenuti, li dovevi pagare.
Oggi c'è invece chi pensa, anche solo per lanci pubblicitari, di pirandellescamente vestire gli ignudi.

O tempora, o more

venerdì 4 marzo 2011

La triste storia di uno stilista un po' nazista: John Galliano

Gli antichi latini dicevano: In vino veritas e io ci credo, in questo caso lo stilista di Dior (anzi ex Dior) anglo spagnolo John Galliano, uno dei geni rampanti della moda che ha vestito, fra le altre, la fascinosissima Charlize Theron, è incappato in un incidente di percorso della sua brillante carriera con squallide affermazioni filonaziste e antisemite condite da un finale: I love Hitler .
Il tutto ripreso da un cellulare in un locale parigino. Fra i fumi dell'alcol  o meglio ubriaco come una zucca, il povero (si fa per dire) Galliano, nato a Gibilterra da genitori spagnoli, è stato addirittura fermato dalla polizia francese alla vigilia della sfilata parigina della Maison Dior .
I suoi molti estimatori, fra cui le top model Naomi Campbell e Kate Moss (anche loro note alla giustizia americana), parlano di agguato o gossip pilotato.
Io invece penso che Galliano ormai segnalatosi da tempo come consumatore abituale di alcol, se non addirittura alcolizzato impenitente, abbia semplicemente espresso il suo Galliano-pensiero politicamente scorretto.
Da Dior è arrivata prontamente una lettera di licenziamento. La condanna per le incaute affermazioni di Galliano, immortalate da un video quindi difficilmente smentibili, hanno fatto infuriare lo stilista bavarese Karl Lagerfeld che ha parlato di una macchia sul mondo della moda.
Questa è la storia, un po' triste, di uno stilista considerato l'ultimo geniale fricchettone della moda internazionale e della sua infelice affermazione filonazista.

mercoledì 2 marzo 2011

GF 11 - Il macellaio e il simpaticone

Novità di questa brutta edizione del Grande Bastardo.
Raoul, il macellaio de Roma, è stato giustiziato dal pubblico, peccato ci piaceva questo coatto con poco senso dell'humor, spogliarellista dell'8 marzo a tempo perso che si andrà ad aggiungere alla lunga lista degli emeriti sconosciuti partoriti nel corso di tutte le edizioni del GF.
Chi se lo ricorda più il pizzaiolo del primo GF? Avrà aperto una pizzeria tutta sua, forse, ma cancellato dalla memoria storica dei bambocci di canale 5.
E Medioman? Il leghista di  D come Domodossola, che andava in giro col kilt alla scozzese per dimostrare la celticità dei padani come lui? Ormai fagocitato nel buco nero della mediocrità come tanti altri nonostante la sponsorizzazione della Gialappa's che ne fece la bandiera del ridicolo del GF 7.
E potremmo continuare l'inutile lista.
Ma se il macellaio se ne va resta, purtroppo il vero Mister Simpatia, il tombeur de femmes  (potremo dire trombeur ma sarebbe una facile battuta pietosa) della provincia di Catania.
Davide (questo è il suo nome) è un personaggio un po' pissero, vestito con le giacchette da prima comunione con tanto di fazzoletto nel taschino, uno dei più irritanti personaggini transitati nel Grande Bastardo di sempre, superato in pisseraggine solo dal c.d. "Cummenda"  del GF 8.
La simpatia di questo concorrente ci fa rimpiangere anche il più pessimo dei gieffini, giacca e cravatta come un immobiliarista nel 2011!
Ma alle femmine piace, le donne sono il vero mistero dell'umanità...hanno tentato di cacciarlo con uno dei giochetti sporchi che spesso il Gran Bastar usa per dare suspance e alzare un po' gli ascolti.
Di fronte a lui nove buste sigillate, soltanto una lo poteva salvare e...guarda caso, lui ha scelto proprio quella con la scritta SALVEZZA.
La Gialappa's ha malignamente insinuato che forse in tutte le altre otto ci fosse la stessa scritta, d'altronde non le hanno aperte per fare la prova del nove.
Io ho lo stesso maligno sospetto. Comunque rimango della stessa opinione cioè che questa edizione del GF sia all'insegna della noia vera.

domenica 27 febbraio 2011

Grande Fratello 11 - un flop

Siamo arrivati all'11ma edizione ma il G.F. 11 è decisamente uno dei più scrausi di tutta la serie. Ricettacolo di ex che partecipano ai bunga bunga berlusconiani (anche se il padrone di Hardcore pare preferire le pupe della Pupa e il Secchione) nel GF di quest'anno nessuno dei concorrenti, e ce ne hanno infilati a bizzeffe, spicca né per originalità, né personalità. Gli stessi Gialappa's hanno problemi ad individuare un "martire" da esaltare o abbattere (è finita l'epoca degli ottusangolo, i medioman o gli orsacchio della varie precedenti edizioni).

La povera Marcuzzi tenta di accendere i riflettori, come negli anni scorsi, sui problemi di figli di divorziati, i reietti della società in genere, niente di che al confronto con le edizioni precedenti.

Eppure non era partito male, la compresenza dell'American gigolò de noantri -Giuliano e il folle masturbatore David. Forse potevano dare una scossa alla piattezza degli altri concorrenti, ma così non è stato.
Il gigolò non ha rimorchiato (evidentemente le sue preferenze sono professionalmente rivolte alle vecchie signore e ...perché no ai vecchi signori), e il povero David ha dato un'immagine di se stesso un po' troppo "originale". Forse non ha capito che le donne bisogna farle ridere ma non basta questo per farsi una scopata, neanche al Grande Fratello.
Grandissima delusione anche Ferdinando o' camorrista appiattito dalla forte presenza della cerbiatta Angelica che, non si sa se a causa del suo cerbiattismo o a causa di un rifiuto per l'argomento sesso, l'ha lasciato ormai per mesi al sesso a manovella e Ferdinando il borbonico è rimasto a guardare...gli altri scopare.

Dopo che durante le prime edizioni del GF italiano si è rimosso il tabù del sesso-subito, questo GF 11 si è adeguato ma è diventato uno spettacolo di fidanzatini adolescenti stile ti lascio/ti prendo/ti rilascio e ti riprendo. Ma il pubblico non ha gradito, neanche quello del Web, data la scarsità degli argomenti su cui discutere anche i Forum, che negli altri anni erano numerosi e agguerriti, oggi languono.
Insomma chi se ne frega di questi quattro sfigati che ci sono rimasti? Io stesso seguo ancora i Gialappi perché, nonostante l'età, sono gli unici che riescono a dare ancora un po' di pepe al programma con il loro Mai dire, ma il lunedì preferisco vedere L'Infedele di Gad Lerner (una telefonata di insulti di Berlusconi vale più di 30 Grandi Fratelli come quello di quest'anno).
Ultima annotazione: quest'anno è stata infranta l'annuale introduzione dei nobil huomini o le nobil donne come invece era sempre successo in quasi tutte quelle precedenti, chissà perché?

venerdì 25 febbraio 2011

Pubblicità # 1 Che Banca!

Uno degli spot pubblicitari più orrendi di questi ultimi tempi è quello di Che Banca! Intanto già il nome è di per se assurdo, quale banca "normale" darebbe un nome così idiota alla sua impresa? In genere le banche si chiamano Credito, Banca Popolare, Deutsche Bank etc. quindi già sarebbe da vergognarsi di dire che uno ha messo i propri soldi in un istituto di credito con un nome così assurdo, ma ciò che veramente è vergognoso è lo spot pubblicitario che imperversa sulle nostre TV.
Per me sarebbero da denunciare già i pubblicitari che hanno pensato questa tipologia di spot, oggi, in pieno periodo di crisi, si vedono persone disposte a distruggere la propria abitazione, violare casseforti e altre amenità simili per depositare i loro risparmi in Che Banca!
Ma guardando con più attenzione non si può non notare che praticamente i poveri risparmiatori (?) di oggi hanno nascosto in ogni dove pezzi da 500 euro (cinquecento!!!!), neanche fossero escort pagate da Berlusconi.
Io mi domando ma dove li hanno presi tutti quei pezzi da 500? Dai miseri stipendi di oggi? A quale bacino d'utenza si rivolge uno spot pubblicitario così orrendo e classista?
Altre pubblicità odierne, di cui avremo modo di parlare, sono completamente assurde e i pubblicitari andrebbero denunciati, ma questo spot in particolare li supera tutti in cinismo e vergogna.
Ma chi è il "padrone" di Che Banca! ? Chi è quell'idiota che darebbe un nome così assurdo al suo istituto di credito?
Le indagini sono aperte, anche se abbiamo una mezza idea sul nome di un tale cafone. Intanto godiamocelo ancora questo bello spot:

domenica 20 febbraio 2011

A Sanremo noi non ci saremo

Sanremo non ci è piaciuta davvero stavolta, brutte canzoni, pessimo presentatore (anzi presentatori), vallette ingessate in costumi improbabili.
A proposito di costumi o vestiti (ma erano più simili ai primi che ai secondi), Elisabetta Canalis-Clooney spiccava nel suo abito contrappuntato di vongole che ha tenuto a farci sapere che era un Armani, il quale Giorgio, spero si sia andato a nascondere per la vergogna.
La signorina Clooney ha pure battuto sul filo di lana la Rodriguez (che non ha tenuto a farci partecipe del nome dello stilista).
Ma bando alle ciance ha probabilmente vinto la canzone meno brutta di uno dei due patriarchi (per usare un eufemismo) arrivati in finale: Roberto "Samarcanda" Vecchioni (un nome, un destino), alla faccia della Gialappa's che, da Radio 102, mormorava attraverso i suoi celebri segugi la probabile vittoria dell'altro insalamato di Al Pugliese Bano.

I politicizzati (ovvero la par condicio)

La "par condicio" (che pare il nome di un piatto persiano) è stata la formula degli interventi comici (sarebbe troppa grazia chiamarli satirici) di Luca e Paolo, Bizzarri l'uno e con un cognome impronunciabile l'altro (armeno? greco?) i quali ci hanno stupito la prima serata con lo sputtanamento dei due grandi statisti della nostra patria.
Purtroppo, a causa del piatto persiano, la seconda serata hanno parlato male di Saviano, ma sempre a causa della stessa par condicio ci hanno stupiti di nuovo recitando un passaggio di Antonio Gramsci: alla faccia di La Russa Mefistofele che rosicava evidentemente, agitandosi sulla poltrona come avesse il pepe al culo e volesse abbandonare la sala come la Santanchè, ma non poteva e perchè? Perchè Sanremo è Sanremo, mica Annozero.

Benigni


Si pensava che Benigni potesse salvare la situazione ed era partito bene, ha pronunciato il nome di Berlusconi (e di Ruby!) poi si è lanciato in una apologia patriottica abusando del termine "memorabile", e di un cavallo bianco trasportato verso il palcoscenico a viva forza... povero cavallo.
A Vecchioni gli sarà venuto un coccolone.. era quello di Samarcanda!
La filologia risorgimentale del minorenne Mameli ha tenuto la scena facendo sapere, a molti italiani per la prima volta, che non l'Italia, ma la vittoria è schiava di Roma. I due Bossi hanno avuto un trauma a questa rivelazione. I monarchici hanno invece scoperto che non bisogna stringersi a corte ma a coorte. Avevamo bisogno di Benigni  per impararlo, gli storici non sono mai riusciti a spiegarcelo.

Battiato


Grande sorpresa, il Maestro Battiato, allievo di Stockhausen, colui che in Bretagna ha visto vecchie con ombrelli in canna di bambù, e vecchie cinesi con le arpe celtiche. E' proprio vero, sul ponte sventola un bandiera bianca di vergogna , Battiato a Sanremo, seppure come "featuring" del suo allievo sfigato Madonia, non ce l'avevamo mai visto. Cosa non si fa per i soldi!

Insonna, questo Sanremo non c'è piaciuto... quando poi me ne piacerà uno ve lo farò sapere.

Ciaus a tutti

Ciao a tutti i pochi lettori di questo blog, vi donerò notiziole, commenti, anche poco carini, su ciò che vediamo intorno a noi, partendo dall'appena finito Festival di Sanremo 2011. E poi anche altro ancora.

vostro
Costantino della Malghera